La recente produzione di Silvana Chiozza, è caratterizzata da un’evoluzione dettata da una necessità interna, che la porta a fare tabula rasa, arrivando all’idea di vuoto, un vuoto che diventa una necessità per fare spazio al nuovo e la conduce verso il territorio inesplorato dell’astrazione.
Dalla mostra inaugurata a Buenos Aires nel marzo 2017, dall’inerente titolo “al di là del nulla”, inizia a sviluppare una nuova trama cromatica compositiva della struttura che si replica sulla superficie come pattern, creando sfondi e campiture ritmate. Attraverso queste strutture compositive che si ripetono, partendo da un caos iniziale, si arriva ad un ordine che possiamo leggere come ricerca di un nuovo linguaggio.
Come nella Creazione, il caos dà inizio alla vita. Vita intesa come struttura organica che prende forma, fornendo la chiave di lettura della mostra ed il filo conduttore delle opere esposte. La terra e l’acqua son gli elementi essenziali per dare inizio alla vita, e la ricerca della vita si esprime anche attraverso le vibrazioni cromatiche: i colori come fossero vivi, scivolano sulla tela, creando distese marine e laghi ghiacciati, campiture granulose che richiamano terre argillose sulle sponde dei fiumi.
Fondamentale l’utilizzo della spatola che trascina la materia guidata dal gesto dell’artista e che lascia sempre un margine di casualità, permettendo l’abbinamento tra intenzionale e caso.
Il caso è l’elemento determinante che dà voce all’opera: è il quadro a suggerire dove andare.
Incanalato attraverso una ricerca soggettiva di un equilibro compositivo, inteso a livello percettivo, il caso consente riferimenti alle sperimentazioni artistiche del ‘900: alla poetica dadaista che affida la produzione dell’opera d’arte alla casualità; al Surrealismo, dove il caso svolge il ruolo di rivelatore dell’inconscio. Infine l’Astrattismo e l’Informale in tutte le loro varianti, così come l’action painting di Pollock con la sua gestualità spontanea, caotica e casuale, si affidano proprio al caso.
Veronica Proietti