Giovanni Omiccioli è stato un pittore italiano, uno dei rappresentanti della cosiddetta Scuola Romana, artista fra i più popolari ed amati, specialmente dai romani de Roma a causa anche delle sue dinamiche rappresentazioni di “partite di calcio”, e diventato il simbolico pittore di Via Margutta.
La sua attività pittorica iniziò nel 1934; pochi anni dopo, nel 1937, presenterà tre opere alla IV Mostra del Sindacato Fascista di Belle arti. Dello stesso anno è la sua prima personale alla Galleria Apollo di Roma.
Frequentò l’Osteria Fratelli Menghi, noto punto di ritrovo per pittori, registi, sceneggiatori, scrittori e poeti tra gli anni ’40 e ’70 e fu attivo anche sul piano politico e, con Mario Mafai, Guttuso ed Afro realizzò la prima testata de L’Unità nel 1945, subito dopo la Liberazione.
Vincitore di un’edizione del Premio Marzotto con Il Pastore con la capretta, Omiccioli è stato presente nelle più importanti rassegne: di particolare rilievo l’invito con un’antologica all’Ermitage di Leningrado, la personale alla Galleria d’Arte La Medusa di Napoli; durante gli anni cinquanta partecipa a collettive a Pittsburg, Boston, Tokio, espone alla mostra itinerante nei paesi scandinavi organizzata dall’Art Club, alle Quadriennali romane del 1955, 1959 e poi del 1966, alle Biennali veneziane del 1952, 1954, 1956. Presenta nel 1959 un dipinto su faesite, Cristo crocifisso, alla VIII Biennale d’Arte Sacra a Bologna.
Durante gli anni sessanta espone a tre edizioni della Rassegna di Arti figurative di Roma e del Lazio (1961, 1963, 1965) e alla VI Biennale di Roma del 1968. Vaporosi e dolci, ma sorti sempre da un intenso immutato amore per la natura e per l’uomo. Alla periferia di Roma, a Scilla o nell’isola di Ustica davanti alle case dei pescatori, aveva recuperato la consuetudine en plein air, che deve all’opera, attraverso un morbido respiro di tavolozza, verità e luce.
La pittura di Omiccioli, sempre fedele al tema figurativo, si distingue per la scorrevolezza e la corposità delle pennellate e per le atmosfere cariche di suggestioni oniriche, non prive di una sentita valenza intimista che sfocia, a tratti, in un sobrio romanticismo. La scelta di ambientazioni semplici, quali i prati, gli “orti”, rimandano alla sua esperienza di vita; così le partite di calcio sui campi verdi o innevati ricordano lo sport praticato a Verona quando era soldato, e i minuscoli personaggi che assistono al gioco sono emblematici della fraternità, dell’aggregazione umana intorno ad unico ideale.