La carta, elemento antichissimo da sempre usato come strumento di espressione per fissare un’immagine o un’idea, è la protagonista di questa esposizione eterogenea che abbraccia un periodo di oltre sessant’anni. La mostra, a cura di Leonora Sofia Marussig, propone una selezione di opere che ripercorre l’evoluzione di questo supporto artistico e le sue molteplici declinazioni nell’arte italiana dagli anni Cinquanta ad oggi.
Partendo da “Lo Gnorri” di Corrado Cagli del ’55, in cui la carta è impiegata come mero sfondo su cui si staglia una maschera iridescente che simula una sagoma umana, si giunge fino ai collage tridimensionali di Sara Lovari realizzati nel 2017, in cui la giovane artista toscana recupera e sovrappone immagini del passato facendole rivivere e riscattandole dall’oblio. Gli anni Sessanta sono rappresentati, oltre che da Mario Ceroli con il suo collage “Mani”, da Achille Perilli ed Emilio Scanavino, i quali, pur sposando istanze artistiche diverse, abitano lo spazio pittorico con gesti rapidi e decisi, tracciati impulsivamente e senza possibilità di ripensamento. Il protagonista assoluto è qui il segno che registra un’azione sulla superficie cartacea, diversamente da quanto accade in “Gomito d’aria” di Enzo Cucchi, in cui la traccia spontanea del gesto è sostituita dal ritorno alla figurazione.
Il percorso prosegue con opere di Giosetta Fioroni, Titina Maselli, Giovanni Frangi e Omar Galliani in cui non è più il segno nero ma il colore a inondare la carta: una cromia squillante che funge da veicolo espressivo per rievocare una memoria idilliaca, la vivacità del gioco o la calura estiva di una località marina. All’estremo opposto dello spettro cromatico si situano le opere dominate dalla tonalità neutra del cartoncino di Piero Pizzi Cannella e Giuseppe Spagnulo, poste a conclusione del percorso espositivo.